Quel che e’ avvenuto negli ultimi anni ha modificato profondamente il quadro di riferimento delle economie piu’ avanzate e, di conseguenza, anche la natura e i termini dei loro rapporti con i paesi in via di sviluppo.
La sempre piu’ accesa competizione su scala mondiale ha determinato il decentramento di una quota consistente di attivita’ produttive e di investimenti diretti, dai paesi piu’ avanzati caratterizzati tanto da una maggior rigidita’ del mercato del lavoro quanto da una piu’ accentuata dinamica salariale, verso alcune aree periferiche a piu’ basso costo del lavoro dove e’ possibile inoltre utilizzare in modo assai piu’ duttile e prolungato, per l’assenza di vincoli sindacali, sia le prestazioni della manodopera che le potenzialita’ degli impianti, e far conto talora su particolari esenzioni in materia fiscale […]
Si e’ venuta cosi’ formando una sorta di economia transnazionale. Insieme ai capitali, anche i processi produttivi da qualche tempo non conoscono piu’ frontiere. […]
Si calcola che in parecchie regioni (come, per esempio, in India, Cina o Malaysia) il costo del lavoro sia da otto a dieci volte inferiore a quello corrente nei principali paesi dell’Europa occidentale e nel nord America. In piu’ c’e’ da considerare la convenienza a impiantare dei propri complessi in territori dove si vanno delineando, per via di una notevole massa di domanda ancora insoddisfatta, rilevanti prospettive di allargamento del mercato. In queste aree, infatti, si registrano oggi i piu’ intensi saggi di incremento nella commercializzazione di beni di consumo durevoli rispetto ai paesi ricchi dove invece essi procedono piu’ a rilento o si scontrano con livelli progressivi di saturazione.
Info:
https://www.anobii.com/books/Le_rivoluzioni_del_capitalismo/9788842047797/01e9a8dbdfb75d1edf