Dopo la fase di espansione economica del secondo dopoguerra, si manifesta quella che Andre Gunder Frank definisce «economia del debito», un’economia cioe’ alimentata da un susseguirsi di recessioni sempre piu’ acute e riprese cicliche gestite con misure di stabilizzazione – smantellamento del welfare state e abbandono della spesa pubblica in primis – che vennero adottate in Occidente a prescindere dall’indirizzo politico che caratterizzava i paesi coinvolti in quel periodo storico: prima la Gran Bretagna, poi la Francia seguita da Portogallo, Spagna, Grecia e Italia; stessa cosa avvenne nei paesi dell’Est e del Sud del mondo.
Privatizzazioni, austerita’ e liberalizzazione dei mercati sono stati i tre pilastri del Washington Consensus per tutti gli anni Ottanta e Novanta […]
Le scelte politiche, e conseguentemente l’ordine giuridico che vincola gli attori sociali a rispettarle, agiscono a monte e a valle delle recessioni economiche.
Nell’economia del debito, il punto di inizio e’ rappresentato da quel dato regime economico che si e’ scelto di imporre mediante un preciso sistema di regole (politica dei tassi di interesse, politica del cambio, diritto delle imprese nazionali e multinazionali, regolamentazioni finanziarie, disciplina del mondo del lavoro, ecc.).
In questa fase, viene sostanzialmente deciso quale forma giuridica debba assumere il mercato, nel piu’ ampio contesto socio-politico di riferimento.
Al manifestarsi delle crisi, la politica e’ costretta a prendere delle decisioni di carattere macroeconomico per farvi fronte; le misure anticrisi vengono realizzate per far si’ che i meccanismi macroeconomici di aggiustamento garantiscano la tutela dei grandi capitali internazionali che alimentano l’economia del debito.
La garanzia e’ chiaramente di natura giuridica, consiste cioe’ nella predisposizione di una serie di regole e trattati internazionali mediante cui si obbliga la collettivita’ a sopportare il peso del fallimento del modello economico di riferimento.
In questa fase del ciclo economico, l’assetto istituzionale delle nazioni colpite dalla crisi subisce forti pressioni da parte delle organizzazioni internazionali che contrattano sul piano politico le richieste degli investitori esteri, cosi’ come e’ avvenuto con la caduta dell’ultimo governo Berlusconi […]
Fino a quando i capitali esteri alimentano i mercati, lo Stato gode di un certo grado di autonomia, e i programmi politici della maggioranza non incontrano limitazioni esterne significative alla loro concreta attuazione. Quando subentra la crisi, la scena politica viene dominata da strutture istituzionali oligarchiche – FMI, istituzioni finanziarie, banche centrali, ecc. – che operano in una sorta di regime di commissariamento.
Che vinca la destra o la sinistra poco importa, l’agenda neoliberista segue un preciso protocollo: assicurare ai capitali privati l’attuazione di salvataggi pubblici e piani di austerita’ a spese della collettivita’; rimodellare il tessuto sociale con una serie di riforme volte a indebolire la classe di lavoratori; privatizzare i settori strategici dell’economia nazionale.
In altri termini, questa governance globale che impatta sulle nazioni in crisi non e’ altro che una clausola di salvaguardia politica di matrice normativa, senza la quale il capitale internazionale sarebbe esposto ai propri fallimenti, che e’ esattamente quello che accadrebbe in un mercato davvero libero.
Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/