“i partiti” “sono organizzazioni vaste e con fini generali.
La loro visione del bene comune e’ il risultato di un doppio lavoro di aggregazione e coordinamento: devono prima decidere quale posizione prendere sui singoli temi aperti, e poi ordinarle in una gerarchia di priorita’.
Su questo in ogni partito le minoranze organizzate – correnti, fazioni – possono esercitare un’influenza molto superiore al loro peso numerico, e si puo’ immaginare che dall’esterno altre minoranze organizzate – le «lobby» – finanzino e promettano voti a correnti e fazioni per spingerle a persuadere il partito a proteggere i propri interessi. Simile peso possono avere anche sulla selezione dei dirigenti e candidati del partito, che organizzano il lavoro di selezione delle priorita’ e poi le attuano.
Per descrivere questi fenomeni conviene usare una seconda definizione di «potere», piu’ generale: la capacita’ di indurre altri a fare cio’ che altrimenti essi non farebbero, o a non fare cio’ che altrimenti farebbero.
Tre principali elementi possono contenere il potere delle minoranze organizzate, e incanalarlo nella dialettica aperta e pluralistica menzionata sopra: la forza della cultura politica del partito, che esclude posizioni contrarie ai suoi indirizzi ideali di fondo; l’apertura della discussione pubblica interna, che favorisce scelte fondate piu’ sul merito delle proposte concorrenti che sull’equilibrio di potere tra i contendenti; e la qualita’ della democrazia interna e del meccanismo di selezione di dirigenti e candidati, che concede voce anche a chi non e’ parte di minoranze organizzate […]
La sfiducia nei partiti e’ diffusa, infatti, e al loro interno spiccano correnti e fazioni organizzate, talvolta di natura clientelare.
Le analisi piu’ convincenti descrivono partiti ormai distanti dalla societa’: non solo poco capaci, ma anche poco interessati a raccogliere le domande e le conoscenze dei cittadini, e ad agire quali loro fiduciari nei confronti delle autorita’ pubbliche.
Essi paiono invece aggrapparsi allo Stato, per ricavarne sia sostegno finanziario sia poteri grazie ai quali negoziare accordi reciprocamente vantaggiosi con le elite piu’ influenti e le minoranze organizzate piu’ forti.
Ne’ sorprende che simili partiti, legati da cosi’ forti interessi comuni, siano poco inclini a competere vigorosamente tra loro sul piano delle idee e dei programmi: la loro retorica pubblica e’ talvolta addirittura violenta, ma i loro interessi materiali li inducono piuttosto a colludere. Cio’ contribuisce, per chiudere il cerchio, a spiegare la bassa e calante qualita’ dei loro eletti. Le stesse riforme elettorali dell’ultimo quindicennio – le leggi dette «Porcellum» (2005), «Italicum» (2015), e «Rosatellum» (2017) – avevano lo scopo di eliminare o fortemente ridurre il potere degli elettori di scegliere i parlamentari, affidando invece la loro selezione a liste redatte dai partiti, spesso in esito a negoziati tra correnti, fazioni, reti clientelari e minoranze organizzate esterne. Queste leggi avevano anche altri obiettivi, naturalmente, ma tutte somigliano al gesto del feudatario che, sfidato dalla gente delle sue terre, si ritira nelle proprie mura e tira su il ponte levatoio
Info:
https://www.letture.org/declino-italia-andrea-capussela
https://www.linkiesta.it/2020/11/lento-declino-italia-poverta-crisi/
https://open.luiss.it/2019/06/07/il-resistibile-declino-italiano-tra-debolezze-secolari-e-quattro-grandi-traumi/