Tra il 2010 e il 2016, nei vari paesi dell’Europa orientale i conti nazionali indicano che i flussi in uscita (profitti e altri redditi da capitale: interessi, dividendi ecc.) al netto dei flussi in entrata,
in media hanno inciso per una percentuale compresa tra il 4 e il 7% del PIL: un livello notevolmente superiore a quello dei trasferimenti provenienti dall’Unione Europea, sia per la Polonia e l’Ungheria sia per la Repubblica Ceca e la Slovacchia […]
Il confronto tra i due flussi non significa che l’integrazione europea sia stata un cattivo affare per l’Europa orientale (al contrario di quanto vogliono far credere alcuni dirigenti nazionalisti). I flussi di profitto in uscita infatti costituiscono la contropartita degli investimenti realizzati in questi paesi (a volte anche per privatizzazioni vantaggiose), che di fatto hanno contribuito al miglioramento della produttivita’ globale e, conseguentemente, del livello dei salari […]
E’ innegabile che i paesi dell’Europa occidentale
abbiano tratto notevoli vantaggi commerciali e finanziari dall’integrazione dei paesi orientali nell’Unione Europea (e questo vale soprattutto per la Germania, data la sua collocazione geografica e la peculiarita’ del suo sistema industriale).
Percio’, la questione della ripartizione dei benefici che ne sono derivati e’ legittima e di fondamentale importanza, anche alla luce della conseguente eccedenza commerciale tedesca, che ha assunto una portata senza precedenti.
Tuttavia, le potenze economiche che in questo momento dominano il continente europeo – in particolare Germania e Francia – tendono a ignorare del tutto il problema dei flussi dei profitti privati provenienti dall’Europa orientale.
In modo implicito, sembra che si accetti il principio che il “mercato” e la “libera concorrenza” conducano a una giusta ripartizione delle ricchezze, e che i trasferimenti realizzati – a partire da questo equilibrio “naturale” – sono un atto di generosita’ da parte di chi trae vantaggio da questo sistema (da cui deriva una politica comunitaria incentrata esclusivamente sui trasferimenti pubblici).
In realta’, i rapporti di proprieta’ e di produzione sono sempre complessi, soprattutto in comunita’ di grandi dimensioni come l’UE, e non possono essere regolati unicamente dal “mercato”.
L’equilibrio dei mercati non ha nulla di “naturale”.
Dipende sempre dalle istituzioni e dalle regole in vigore
Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/