La stessa sfida – comprendere che cosa era successo tra le guerre e impedirne il ripetersi – fu affrontata da John Maynard Keynes. Il grande economista inglese, nato nel 1883 (come Schumpeter), era cresciuto in una Gran Bretagna stabile, sicura, prospera e potente […]
Anche Keynes si sarebbe posto la domanda che si erano fatti Hayek e i suoi colleghi austriaci. Ma propose una risposta assai diversa […]
Se c’era una lezione da trarre dalla depressione, dal fascismo e dalla guerra, era questa: l’incertezza, elevata a livello di insicurezza e di paura collettiva, era la forza corrosiva che aveva minacciato e avrebbe potuto minacciare di nuovo il mondo liberale.
Keynes auspicava quindi un ruolo piu’ incisivo dello Stato assistenziale, compreso, ma non solo, l’intervento economico in funzione anticiclica […]
Per i trent’anni successivi, la Gran Bretagna (come gran parte del mondo occidentale) fu governata sulla base delle preoccupazioni di Keynes […]
Lo Stato sociale poteva vantare notevoli risultati. In alcuni paesi era socialdemocratico, fondato su un programma ambizioso di legislazione socialista; in altri – per esempio in Gran Bretagna – consisteva in una serie di politiche pragmatiche volte ad alleviare gli svantaggi e a contenere i livelli estremi di ricchezza e di indigenza. Il tema comune e il risultato universale dei governi neokeynesiani del dopoguerra era il notevole successo ottenuto nel ridurre la disuguaglianza.
Se confrontiamo il divario fra ricchi e poveri, in base al reddito o al patrimonio, vedremo che in tutti i paesi dell’Europa continentale, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti si riduce drasticamente nella generazione successiva al 1945.
La maggiore uguaglianza era accompagnata da altri benefici.
Col tempo, la paura di un ritorno dell’estremismo politico – la politica della disperazione, la politica dell’invidia, la politica dell’insicurezza – si attenuo’. Il mondo occidentale industrializzato entro’ in un’epoca felice di prospera sicurezza: una bolla, forse, ma una bolla confortevole in cui la maggior parte delle persone se la passava molto meglio di quanto potesse mai aver sperato in passato e aveva buone ragioni per guardare al futuro con fiducia […]
Fu la socialdemocrazia a saldare il legame tra i ceti medi e le istituzioni liberali (uso qui «ceti medi» nel senso europeo) […]
Cosi’, quella stessa classe sociale che era stata tanto esposta alla paura e all’insicurezza negli anni interbellici adesso era stabilmente integrata nel consenso democratico del dopoguerra.
Alla fine degli anni Settanta, tuttavia, queste considerazioni venivano sempre piu’ trascurate.
A partire dalle riforme fiscali e del lavoro introdotte nel periodo Thatcher-Reagan, seguite a distanza ravvicinata dalla deregolamentazione del settore finanziario, la disuguaglianza e’ tornata a essere un problema nella societa’ occidentale.
Dopo il notevole calo registrato tra gli anni Dieci e gli anni Set- tanta del Novecento, negli ultimi tre decenni l’indice di disuguaglianza e’ sistematicamente aumentato.
Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858126479
https://ilmanifesto.it/tony-judt-e-la-responsabilita-della-storia/