Abbiamo […] assistito alla quasi scomparsa delle famiglie sociologiche, in cui si votava alla stessa maniera di generazione in generazione. Ancora alla meta’ degli anni Sessanta, piu’ si era cattolici, piu’ si votava a destra e, sul piano sociale, piu’ ci si identificava con la classe operaia, piu’ si votava a sinistra.
Da molto tempo non e’ piu’ cosi’.
La volatilita’ elettorale non ha smesso di accentuarsi, a tal punto che non e’ raro incontrare persone che, nel corso della loro vita, hanno praticamente votato per tutti i partiti […]
A questa apparente “destrutturazione” dell’elettorato corrisponde, al livello degli stati maggiori politici e delle squadre di governo, un prodigioso spostamento verso il centro, cui per natura spinge il bipartitismo.
Convinti che le elezioni “si vincono al centro” […] e non avendo ancora compreso che le classi medie si stanno decomponendo, i grandi partiti continuano, come all’epoca del “trentennio glorioso”, a far convergere al centro i loro discorsi per raggiungere gli elettori esitanti, il che li porta a formulare programmi sempre piu’ simili […]
Alcuni se ne rallegravano, in nome dei benefici del “consenso […] Ma se il consenso fa sparire il dibattito stesso, allora allo stesso tempo sparisce la democrazia perche’, per definizione, essa implica, se non la pluralita’ dei partiti, almeno la diversita’ delle opinioni e delle scelte, insieme con il riconoscimento della legittimita’ di un conflitto tra queste opinioni e queste scelte[…] Se le une e le altre non si distinguono piu’ ne’ sugli obiettivi e nemmeno sui modi di raggiungerli, insomma se i cittadini non si vedono piu’ presentare alternative reali e vere possibilita’ di scelta, allora il dibattito non ha piu’ ragion d’essere e il quadro istituzionale che gli permetteva di avere luogo diventa un guscio vuoto, dal quale non e’ sorprendente vedere allontanarsi una maggioranza di elettori. Il prezzo del “consenso” e’ la diserzione civica […] Non si deve infatti dimenticare che […] il voto e’ anzitutto una modalita’ di rappresentazione e affermazione di se’.
Ora, e’ chiaro che l’elettorato, se ha la sensazione che non gli venga offerta alcuna alternativa dai partiti che si disputano il potere, non potra’ che disinteressarsi di un gioco politico che non gli permette piu’ di esprimere, attraverso il suffragio un’appartenenza o un’affiliazione. […]
Crescera’ allora il rischio di veder realizzare non una societa’ pacificata dal “consenso”, ma al contrario una societa’ pericolosa e potenzialmente belligena, in cui non ci si dovra’ sorprendere di vedere un ritorno vigoroso, in forme talvolta patologiche, di altre modalita’ di affermazione identitaria (religiosa, etnica, nazionale ecc.), che non deriveranno da chissa’ quale desiderio di “pericolosa purezza”, ma saranno la conseguenza logica del fatto che ormai non e’ piu’ possibile affermarsi come cittadini.
Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/