Populismo/Armao

L’età dell’oikocrazia. Il nuovo totalitarismo globale dei clan – Fabio Armao – Meltemi (2020)


Il clan si afferma come struttura di intermediazione tra il singolo individuo e una societa’ resa sempre piu’ complessa dalla globalizzazione, aggregando al proprio interno risorse e competenze peculiari dei tre sistemi prima descritti: politico (la rappresentanza), economico (la ricchezza) e civile (la partecipazione)
L’oikocrazia come “governo dei clan” sviluppa un rapporto piu’ diretto e intenso con il territorio. In tal modo ovvia proprio al difetto solitamente attribuito al potere statualistico: quello di essere distante, nella duplice accezione di lontano, perche’ rinchiuso nella capitale, e distaccato, perche’ burocratizzato […]
Il fatto che sia il clan ad affermarsi come nuovo protagonista delle dinamiche sociali, nella funzione di intermediario tra gli individui e una societa’ sempre piu’ articolata e complessa, non dovrebbe sorprenderci affatto. Il clan e’ sempre esistito: e’ una forma di organizzazione sociale ben piu’ “naturale”, e quindi piu’ comprensibile, persino dello stato liberaldemocratico […]
In Russia, con il crollo del comunismo, il controllo dei principali e piu’ produttivi asset dell’economia passa nelle mani dei cosiddetti oligarchi, a capo di clan semilegali o tout court criminali […]
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, infine, come dimenticare che otto presidenti hanno avuto relazioni di parentela […]
Per clan si vuole qui intendere un’organizzazione finalizzata a unire e tutelare gli interessi e la sicurezza dei propri membri, basata sul senso soggettivo di appartenenza e identita’, ben piu’ che sulla realta’ oggettiva di una kinship intesa come esistenza di legami di sangue.
Il clan, in altri termini, e’ una costruzione sociale o, se si preferisce, una comunita’ immaginata al pari dell’idea di nazione. Ma e’ in grado rispetto alla nazione, di offrire un ben piu’ ampio spettro di possibilita’ di condivisione, ivi comprese “la commensalita’, la residenza comune, la memoria condivisa, il lavorare insieme, il patto di fratellanza, l’adozione, l’amicizia, talune sofferenze compartite e cosi’ via”.
Tutto, in sostanza, puo’ concorrere a formare il senso di appartenenza a un clan. Se una relazione di kinship non esiste, la si puo’ inventare; se non e’ ritenuta soddisfacente, la si puo’ rompere […]
Il potere del clan andra’ valutato in termini sia assoluti, sia relativi: a partire dall’estensione della rete – il raggio d’azione della leadership e dei membri –, anche in termini territoriali; ma comparandolo a quello di altri clan con cui si trova a dover competere e tenendo conto del grado di istituzionalizzazione raggiunto dal regime oikocratico nel suo complesso, ovvero della misura in cui le relazioni tra clan tendono a configurare un vero e proprio sistema, autonomo e originale, dotato di proprie norme, valori e strutture d’autorita’ e di propri specifici confini.

Info:
https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/oikocrazia-ovvero-la-distopia-nella-realta/
https://www.lafionda.org/2020/09/13/leta-delloikocrazia-una-lettura-del-saggio-di-fabio-armao/
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/se-la-distopia-sconfina-nel-reale-letture-kritiche-oikocrazia/
https://www.carmillaonline.com/2020/06/11/leta-del-totalitarismo-neoliberale-e-della-guerra-civile-globale-permanente/

Lavoro/Wolf

La crisi del capitalismo democratico – Martin Wolf – Einaudi (2024)


La capacita’ e la volonta’ delle multinazionali di spostare risorse economiche e know-how da un paese all’altro, e soprattutto la loro capacita’ di integrare le catene di produzione travalicando i confini nazionali sono state un fattore determinante della globalizzazione.
Come e’ evidente, tutto cio’ rappresenta un vantaggio decisivo per le imprese (e il capitale) e uno svantaggio per i lavoratori dei paesi a reddito alto. Questi ultimi, come abbiamo visto, hanno perso l’accesso privilegiato al know-how e al capitale integrati in quelle aziende che un tempo consideravano le loro. Giocoforza hanno perduto non solo potere contrattuale ma anche il posto di lavoro.
In realta’, il movimento dei capitali delle imprese e’ stato solo un aspetto di un fenomeno di proporzioni assai piu’ grandi, cioe’ la liberalizzazione della finanza.
Negli ultimi quarant’anni il settore finanziario e’ cresciuto enormemente. Ha anche causato molte crisi, in particolare la crisi asiatica del 1997-98 e la crisi transatlantica del 2007-12.
Oltre a costringere numerosi paesi ad abbandonare i tassi di cambio fissi, la liberalizzazione della finanza ha sollevato tutta una serie di problemi che prescindono dall’instabilita’ finanziaria e riguardano piuttosto la concorrenza fiscale, l’elusione e l’evasione delle imposte e la corruzione […]
La globalizzazione, insomma, e’ figlia del progresso tecnologico, e lo sara’ sempre. Al contempo, la tecnologia sta avendo sull’occupazione industriale gli stessi effetti che ha avuto sull’agricoltura: da una parte, sta facendo impennare la produttivita’, dall’altra sta distruggendo posti di lavoro.
Per esempio, nella Francia del 1800 i lavoratori occupati in agricoltura erano il 59 per cento; nel 2012 il dato era al di sotto del 3 per cento. La stessa dinamica si e’ osservata in altri paesi.
E’ quasi certo che, man mano che robot e macchine sostituiscono i lavoratori, l’occupazione industriale continuera’ a scendere tanto nei paesi a reddito alto quanto in numerosi paesi emergenti e in via di sviluppo. Da qui a cinquant’anni, probabilmente la percentuale di occupati nell’industria si attestera’ a pochi punti percentuali, se non al di sotto.

Info:
https://www.ilfoglio.it/cultura/2024/08/05/news/il-mondo-di-oggi-si-e-rotto-a-margine-del-libro-di-martin-wolf-6818502/
https://www.ilmonocolo.com/post/la-crisi-del-capitalismo-democratico

https://www.editorialedomani.it/economia/libro-martin-wolf-bh9jht73

Geoeconomia/Colombo

Il suicidio della pace. Perche’ l’ordine internazionale liberale ha fallito (1989-2024) – Colombo A. – Raffaello Cortina (2025)


Dopo essere salito dal 14,5 al 18,1% tra il 1500 e il 1900, il peso demografico dell’Europa sul totale del mondo era crollato alla fine del secolo all’8,2%.
In termini numerici: nel 1900, su 1634 milioni di esseri umani, 404 milioni vivevano in Europa (Russia compresa), 138 in Africa, 165 nelle Americhe e 921 in Asia. Cento anni piu’ tardi, su 6115 milioni di esseri umani, gli europei erano solo 727, gli africani 819, gli americani 840 (solo 313 dei quali in Nord America) e gli asiatici 3698  (dei quali 1269 in Cina e 1054 in India). Con una tendenza inequivocabile al ridimensionamento, per di piu’, spinto dalla diminuzione continua della natalita’ e dal conseguente invecchiamento della popolazione.
Nel 2025, su una popolazione mondiale cresciuta a 8 miliardi, gli europei (russi compresi) sarebbero rimasti 744 e i nordamericani sarebbero cresciuti a 383. In compenso, gli africani sarebbero saliti a 1417, gli asiatici a 4667 e gli abitanti dell’America latina e dei Caraibi a 669. In sintesi: europei occidentali e nordamericani, che all’inizio del Novecento costituivano circa un quarto della popolazione mondiale, ne avrebbero costituito poco piu’ di un decimo centoventi anni dopo […]
All’inizio del Novecento […] dei circa 40 Stati presenti allora, ben 16 si trovavano in Europa e 18 nelle Americhe, contro 5 o 6 in Asia e forse 2 in Africa […]
Nel 1920, dei 59 Stati presenti nel sistema internazionale 27 erano europei, 20 americani, 3 africani (tra i quali il Sudafrica membro del Commonwealth britannico), 7 asiatici e 2 (anch’essi di ascendenza occidentale: Australia e Nuova Zelanda) in Oceania […]
Nel 1960, la somma degli Stati di nuova indipendenza africani (26) e asiatici (29) supero’ per la prima volta quella degli Stati dell’Europa (28) e del continente americano (22). Venticinque anni piu’ tardi, alla vigilia del collasso del bipolarismo, i 29 Stati europei erano ormai surclassati dai 35 Stati americani, dai 50 africani, dai 40 asiatici e dai 7 dell’Oceania – una trasformazione destinata a tradursi, nella istituzione-simbolo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel periodico e sempre piu’ frequente disallineamento tra il Consiglio di sicurezza dominato dal diritto di veto delle grandi potenze e l’Assemblea generale dominata dai paesi di nuova indipendenza.

Info:
https://veripa.org/il-suicidio-della-pace-capire-il-crollo-dellordine-internazionale/
https://www.barbadillo.it/120664-nel-suicidio-della-pace-lautopsia-delloccidente-neocoloniale/

https://www.esodoassociazione.it/site/index.php/i-nostri-temi/segnalazioni-editoriali/835-il-suicidio-della-pace
https://www.ilgiornale.it/news/alessandro-colombo-spiega-lotta-terrore-abbia-causato-fine-2460103.html
https://www.lafionda.org/2025/04/13/dopo-la-disunita-del-mondo-colombo-su-guerra-e-disordine-internazionale/

Europa/Giannuli

La grande tempesta in arrivo. La nuova geopolitica tra vaccini, cambiamenti climatici e crisi finanziarie – Aldo Giannuli, Andrea Muratore – Piemme (2022)

Dal 2005 la UE inizio’ a declinare politicamente: prima con i contraccolpi della crisi finanziaria iniziata nel 2008, di fronte alla quale i paesi dell’Unione agirono in maniera scoordinata; poi con l’incapacita’ di dare una risposta unitaria e autonoma al terrorismo jiadista; dopo ancora con la sua inesistenza politica di fronte a grandi fatti di rilevanza geopolitica come le rivolte nei paesi arabi, la guerra civile siriana, la crisi libica, la crisi ucraina, le sanzioni contro la Russia imposte dagli USA, e il progressivo deteriorarsi delle relazioni sinoamericane.
Poi venne il primo strappo irreparabile: la Brexit nel 2018, alla quale si accompagnarono i crescenti attriti fra l’Unione e il gruppo dei paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca) sui temi dell’immigrazione, delle liberta’ civili e dell’indipendenza del terzo potere.
Vennero cosi’ in superficie linee di spaccatura e problemi che si erano accumulati e mascherati: per esempio, fu certamente un errore l’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est europeo, fortemente voluto dagli USA per costruire un solido antemurale alla Russia, paesi che, politicamente, culturalmente ed economicamente erano totalmente eterogenei rispetto all’Europa occidentale.
Di fatto, alla mai cancellata “linea di Lutero” che divideva i paesi latini e cattolici del Sud-Ovest da quelli protestanti e anglosassoni del Nord, si aggiunse l’altra linea di faglia, parimenti mai superata, che divideva i paesi slavi dell’Est dal resto dell’Europa.
Queste storiche linee di frattura, ignorate malamente, sono riemerse in tutte le crisi successive.
Un minimo di realismo politico avrebbe dovuto rendere tutti coscienti del fatto che un simile pasticcio politico non avrebbe mai potuto funzionare. E questo era precisamente quello che volevano gli USA: un vasto e accogliente mercato di sbocco per le proprie esportazioni e un massiccio antemurale antirusso, totalmente incapace di soggettivita’ politica.

Info:
https://www.archiviostorico.info/libri-e-riviste/9762-la-grande-tempesta-in-arrivo
https://www.ilgiornale.it/news/cultura/grande-tempesta-arrivo-che-pu-travolgere-lordine-mondiale-2011539.html

Economia di mercato/Quintarelli

Capitalismo immateriale. Le tecnologie digitali e il nuovo conflitto sociale – Stefano Quintarelli – Bollati Boringhieri (2019) –

La dematerializzazione – con le sue proprieta’ di essere archiviabile a costo zero, manipolabile a costo zero da sistemi informatici interconnessi, trasferibile in tempo reale da una parte all’altra del globo a costo zero – ha consentito nel 2000 alla I.NET di non dotarsi all’interno dell’azienda di una – pur piccola – struttura di assistenza amministrativa ai clienti, che fu invece attivata in Romania, in una citta’ universitaria dove tanti ragazzi parlavano italiano, con la supervisione di un addetto dell’azienda.
All’epoca le persone furono reclutate facendo delle inserzioni in una bacheca dell’università locale.
Oggi il lavoro per attivita’ eseguibili da remoto, in ogni angolo del globo, si trova su siti specializzati di intermediazione. E sara’ sempre di piu’ cosi’, per qualunque ricerca di lavoro.
Queste attivita’ sono e saranno sempre piu’ intermediate online, almeno per la parte di prima selezione, che terra’ conto di tutte le informazioni disponibili online riguardanti i candidati. Analizzate e classificate da sistemi di intelligenza artificiale […]
Alcune funzioni a maggiore valore aggiunto e/o dove e’ necessario gestire molte eccezioni e per una clientela che richiede un maggiore livello di qualita’ di rapporto, continuano e continueranno a essere svolte all’interno dell’azienda […]
Cosi’ l’azienda guadagna in efficienza, ma di conseguenza quelle attivita’ che, specie nelle aziende di dimensioni maggiori, prima erano svolte da personale dipendente, adesso trasformano chi le svolge in imprenditore di se stesso, con propri clienti (e che conseguentemente utilizza i propri strumenti).
Si riduce l’impegno per l’azienda, ma aumenta di converso il livello di rischio e di flessibilita’ per i lavoratori.

Info:
https://eticaeconomia.it/il-capitalismo-immateriale-e-lascesa-della-info-plutocrazia/
https://www.doppiozero.com/il-capitalismo-immateriale-e-molto-materiale

https://www.sovrapposizioni.com/scritti/capitalismo-immateriale-una-chiacchierata-con-stefano-quintarelli
https://www.ildiariodellavoro.it/capitalismo-immateriale-le-tecnologie-digitali-e-il-nuovo-conflitto-sociale-di-stefano-quintarelli-editore-bollati-boringhieri/

Capitalismo/Armao

L’età dell’oikocrazia. Il nuovo totalitarismo globale dei clan – Fabio Armao – Meltemi (2020)


Il dilagare negli anni Novanta del neoliberalismo (l’ortodossia del cosiddetto “Washington Consensus”), e’ agevolato dal fatto che il crollo del comunismo rende superfluo ogni residuo conflitto ideologico: tra democrazia e totalitarismo, o tra libero mercato ed economia di stato.
Persino la Cina vi rinuncia, ormai votata allo sviluppo capitalistico.
Il fallimento dell’unica alternativa storica alla democrazia liberale produce un effetto cascata sul modo occidentale di intendere la politica. Spogliando la democrazia dell’aura retorica che l’aveva circondata durante l’era bipolare, in particolare, ne svela tutte le intrinseche debolezze […] quali la rivincita degli interessi particolari sulla rappresentanza politica, la persistenza delle oligarchie e la proliferazione dei poteri invisibili, tre fattori che tendono a rafforzarsi a vicenda […]
Gli anni Novanta, non a caso, segnano anche il tramonto dei tradizionali partiti di massa e la riscoperta della leadership carismatica, a lungo screditata dall’esperienza dei regimi totalitari del Novecento […]
I leader carismatici tendono, per definizione, a forzare le proprie prerogative e a pretendere di riscrivere le regole; a scavalcare le istituzioni per fare appello al popolo, da cui ritengono di aver ricevuto un’investitura diretta.

Info:
https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/oikocrazia-ovvero-la-distopia-nella-realta/
https://www.lafionda.org/2020/09/13/leta-delloikocrazia-una-lettura-del-saggio-di-fabio-armao/
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/se-la-distopia-sconfina-nel-reale-letture-kritiche-oikocrazia/
https://www.carmillaonline.com/2020/06/11/leta-del-totalitarismo-neoliberale-e-della-guerra-civile-globale-permanente/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

La missione dello Stato non e’ piu’ tanto quella di assicurare l’integrazione dei diversi livelli della vita collettiva, quanto conformare le societa’ ai vincoli della concorrenza mondiale e della finanza globale.
La gestione della popolazione cambia di significato e di metodo.
Mentre nel periodo fordista l’idea predominante era (secondo la formula consacrata) «accordo tra efficienza economica e progresso sociale» nel quadro di un capitalismo nazionale, la popolazione oggi e’ percepita soltanto come una «risorsa» per le imprese secondo un’analisi costi-benefici.
La politica, che per inerzia semantica definiamo ancora «sociale», non segue piu’ la logica della ripartizione dei guadagni di produttivita’, destinata a mantenere un livello della domanda abbastanza alto per gli sbocchi della produzione di massa. Essa, piuttosto, mira a massimizzare l’utilita’ della popolazione, accrescendone l’impiegabilita’ e la produttivita’, e assottigliandone i costi tramite politiche sociali di un nuovo genere che consistono nell’indebolire il potere di negoziazione dei sindacati, nel degradare il diritto del lavoro, nel ridurre il costo della manodopera, l’ammontare delle pensioni e la qualita’ della previdenza sociale; il tutto in nome dell’«adattamento alla globalizzazione».
Lo Stato, dunque, non abbandona il proprio ruolo in materia di gestione della popolazione, ma il suo intervento non risponde piu’ agli stessi imperativi e alle stesse spinte. Al posto dell’«economia del benessere», che concentrava gli sforzi sull’accordo tra progresso economico e distribuzione equa dei frutti della crescita, la nuova logica considera le popolazioni e gli individui dal punto di vista piu’ angusta del loro contributo e del loro costo nella competizione mondiale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Societa’/Magatti

Supersocieta’ – Chiara Giaccardi; Mauro, Magatti il Mulino (2022)

Dopo che la proletarizzazione consumeristica ha provocato una perdita di saper fare, ora la digitalizzazione, interferendo con i processi di attenzione, di apprendimento, di disidentificazione e critica, favorisce una perdita di «saper pensare».
Nella societa’ digitalizzata, il cervello e’ costantemente stimolato. Potenzialmente, una condizione favorevole.
Basta guardare i ragazzi di oggi per vedere quanto riescono a essere smart. A differenza dei piu’ senior, i nativi digitali sono multitasking, veloci, plastici.
La disponibilita’ di un accesso immediato alla memoria esterna, unito alla straordinaria capacita’ di elaborazione e trasmissione offerta dal digitale, apre opportunita’ straordinarie: mai gli esseri umani hanno avuto la possibilita’ di poter accedere immediatamente e a costo zero a tante informazioni e conoscenze.
Tuttavia, questo guadagno non e’ senza perdite.
Come imparare a trasformare questo patrimonio in sapere rimane ancora da capire. E, d’altra parte, e’ ormai evidente che gli effetti collaterali di questa ipersollecitazione si producono soprattutto sulla memoria e l’attenzione.
L’accelerazione della comunicazione rende difficile ogni sedimentazione. La memoria si sbriciola, anche perche’ il supporto digitale la rende sempre meno essenziale: il passato, la tradizione, l’esperienza non servono piu’ nel momento in cui tutto cambia velocemente, oltre a essere sempre reperibile sulla rete.
E di conseguenza viene meno il senso di essere parte di una storia, di un mondo.
La dimenticanza, lo sappiamo, porta a ripetere gli errori gia’ commessi, nell’illusione di poter ricominciare ogni volta da capo, scrivendo su una tabula rasa. Dato che tutto e’ ugualmente a portata di mano, tutto finisce anche con l’essere equivalente […]
Non c’e’ nessuna possibilita’ di procedere sensatamente nella direzione indicata dal nuovo ambiente tecnologico (digitalizzazione) e dalla nuova consapevolezza planetaria (sostenibilita’) senza una revisione profonda dei processi educativi e formativi.
Il tema del passaggio generazionale oggi sta tutto qua: a partire dal riconoscimento dell’inadeguatezza di un modo di pensare che, innovando e specializzando, aumenta le possibilita’ di vita ma insieme l’entropia, quali sono le condizioni per consegnare alle nuove generazioni la responsabilita’ di un nuovo pensiero e di una nuova forma di azione all’altezza della complessita’ in cui viviamo?

Info:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/siamo-entrati-nella-supersociet-diventeremo-stupidi-o-pi-liberi
https://www.bioeticanews.it/il-libro-supersocieta-di-c-giaccardi-e-m-magatti/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/liberta-nella-supersocieta/
https://www.c3dem.it/supersocieta-un-libro-di-magatti-e-giaccardi/
https://www.recensionedilibri.it/2022/06/16/giaccardi-magatti-supersocieta-ha-ancora-senso-scommettere-sulla-liberta/
https://ildomaniditalia.eu/la-super-societa-e-la-scommessa-sulla-liberta-in-un-saggio-di-chiara-giaccardi-e-mauro-magatti-recensione-sullosservatore-romano/

Populismo/De Haas

Migrazioni. La verità’ oltre le ideologie. Dati alla mano – Hein de Haas – Einaudi (2024)


Accade piu’ spesso di quanto si pensi che i politici – contraddicendo i propri stessi proclami ostili all’immigrazione – cedano alle pressioni dei datori di lavoro e permettano l’ingresso di un numero maggiore di migranti, o tollerino l’impiego di migranti senza documenti.
Il fatto che l’immigrazione sia piu’ «cercata» di quanto sembri e’ evidenziato anche dal ruolo centrale che il reclutamento di lavoratori stranieri ufficialmente «indesiderati» continua a svolgere nel facilitare la migrazione e nell’attingere a nuovi bacini di manodopera […]
Questo atteggiamento, insieme all’ascesa del «lavoro flessibile», rientra nel quadro di un generale slittamento verso la liberalizzazione economica e la deregolamentazione, che lasciano piu’ spazio agli operatori privati nell’assunzione dei lavoratori, sia autoctoni sia migranti.
Oggi il reclutamento dei lavoratori stranieri e’ affidato a grandi agenzie di selezione del personale […]
Siccome la migrazione e’ una questione politicamente sensibile, questi programmi in genere non citano nemmeno la parola «migrazione». Au pair (alla pari) e trainee (tirocinante) sono noti eufemismi per indicare i lavoratori migranti. I programmi per au pair gestiti da molti governi occidentali reclutano collaboratrici domestiche e assistenti domiciliari che spesso finiscono per rimanere piu’ a lungo di quanto consentito dai visti iniziali e la cui presenza e’ ampiamente tollerata dai governi, perche’ tutti sanno che ricoprono una funzione economica e sociale ineludibile […]
I lavoratori migranti lubrificano gli ingranaggi delle economie ricche. Non sono sempre visibili, ma sono ovunque attorno a noi. Nelle famiglie delle grandi citta’ dei Paesi occidentali, le pulizie di casa e le faccende domestiche sono ormai appannaggio di lavoratori migranti legali (e talvolta illegali), soprattutto donne. Lo stesso vale per la pulizia e la manutenzione di uffici e universita’ […]
Lo stesso discorso vale per lavori essenziali ma oscuri in settori quali l’agricoltura, la trasformazione agroalimentare, la macellazione, la logistica, i trasporti, e poi in hotel, ristoranti, cantieri edili, imprese di manutenzione e ditte di giardinaggio.
A volte si tratta di lavori piu’ visibili, per esempio nelle compagnie di taxi e nel delivery, nei settori del benessere e dell’ospitalita’. Sono migranti anche tante lavoratrici del sesso.
I «lavori migranti» sono spesso fisicamente faticosi, richiedono eccellente salute fisica, resistenza e motivazione, necessarie per lavorare nelle circostanze piu’ difficili.

Info:
https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/undici-miti-sulle-migrazioni-secondo-sociologo
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/01/migranti-il-sociologo-de-haas-i-cambiamenti-climatici-hanno-un-impatto-indiretto-per-gestire-i-flussi-bisogna-ripensare-leconomia/7712706/
https://rbv.biblioteche.it/community/forum/reviews/show/6141

https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/de-haas-ha-contato-22-miti-sul-fenomeno-migratorio
https://ilmanifesto.it/hein-de-haas-varcate-le-frontiere-uomini-e-donne-stipati-nei-luoghi-comuni-della-politica
https://www.lastampa.it/politica/2024/09/29/news/migranti_de_haas_politica_integrazione_accoglienza-14673169/
https://www.ilfoglio.it/politica/2024/06/24/news/ecco-22-miti-da-sfatare-sui-migranti-rifugiati-e-cambiamenti-climatici-6673916/

Lavoro/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

Dobbiamo ora dire della proposta di affrontare la fine del lavoro con una soluzione radicale, ovvero dissociando il reddito dal lavoro e dunque istituendo un reddito di cittadinanza, o similmente un reddito di base: locuzione preferita per sottolineare la circostanza per cui spetta anche ai non cittadini se residenti regolari, o piu’ precisamente ai «membri di una comunita” nazionale territorialmente definita» […]
Matura invero negli anni Sessanta del secolo scorso il convincimento […] secondo cui la diminuzione di lavoro e dunque di risorse «in conseguenza della automazione cibernetica» e della «meccanizzazione avanzata» avrebbe assunto dimensioni eccezionali: tanto da non consentire di fronteggiarla con gli strumenti di una politica economica keynesiana, ovvero attraverso il sostegno della domanda.
Di qui la proposta, formulata dal futurologo statunitense Robert Theobald, di istituire un «reddito garantito» da concepire come attuazione del diritto di beneficiare di una quota di quanto produce la societa’ nel suo complesso:
Il reddito garantito rappresenta la possibilita’ di mandare ad effetto la fondamentale convinzione filosofica, che ricorre continuamente nella storia umana, per la quale ogni individuo ha diritto a una quota minima della produzione della sua societa’.
La perenne carenza di tutte le cose necessarie nella vita ha impedito fino ad anni recenti il realizzarsi di questo ideale: il sopravvenire di una relativa abbondanza nei Paesi ricchi da’ ora all’uomo il potere di raggiungere il fine di provvedere un livello medio di vita per tutti […]
Il reddito garantito di cui parla Theobald consiste in un trasferimento monetario «strettamente individuale» e dunque senza considerazione per il nucleo familiare e la sua composizione.
E’ inoltre «universale» nella misura in cui non viene «vincolato a una verifica della condizione economica», risultando pertanto cumulabile con altri redditi, e soprattutto non e’ sottoposto a condizioni: e’ «libero da obblighi da assolvere in cambio» e in particolare «da prestazioni lavorative o dalla dimostrazione della disponibilita’ al lavoro.
Tutte queste caratteristiche sono acquisite alla successiva riflessione sul reddito di base, acui si sono aggiunte indicazioni di ordine quantitativo.
I piu’ reputano che la misura debba essere «abbastanza contenuta da poterla presentare come sostenibile», ma nel contempo «abbastanza consistente da poter ritenere plausibile che possa fare una grande differenza».
Il tutto considerando evidentemente il contesto in cui il reddito di base viene erogato, motivo per cui si propone di quantificarlo attraverso un parametro universalmente diffuso: il suo importo dovrebbe essere pari a un quarto del prodotto interno lordo pro capite del Paese di riferimento […]

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html