Capitalismo/Armao

L’età dell’oikocrazia. Il nuovo totalitarismo globale dei clan – Fabio Armao – Meltemi (2020)


Il dilagare negli anni Novanta del neoliberalismo (l’ortodossia del cosiddetto “Washington Consensus”), e’ agevolato dal fatto che il crollo del comunismo rende superfluo ogni residuo conflitto ideologico: tra democrazia e totalitarismo, o tra libero mercato ed economia di stato.
Persino la Cina vi rinuncia, ormai votata allo sviluppo capitalistico.
Il fallimento dell’unica alternativa storica alla democrazia liberale produce un effetto cascata sul modo occidentale di intendere la politica. Spogliando la democrazia dell’aura retorica che l’aveva circondata durante l’era bipolare, in particolare, ne svela tutte le intrinseche debolezze […] quali la rivincita degli interessi particolari sulla rappresentanza politica, la persistenza delle oligarchie e la proliferazione dei poteri invisibili, tre fattori che tendono a rafforzarsi a vicenda […]
Gli anni Novanta, non a caso, segnano anche il tramonto dei tradizionali partiti di massa e la riscoperta della leadership carismatica, a lungo screditata dall’esperienza dei regimi totalitari del Novecento […]
I leader carismatici tendono, per definizione, a forzare le proprie prerogative e a pretendere di riscrivere le regole; a scavalcare le istituzioni per fare appello al popolo, da cui ritengono di aver ricevuto un’investitura diretta.

Info:
https://www.minimaetmoralia.it/wp/libri/oikocrazia-ovvero-la-distopia-nella-realta/
https://www.lafionda.org/2020/09/13/leta-delloikocrazia-una-lettura-del-saggio-di-fabio-armao/
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/se-la-distopia-sconfina-nel-reale-letture-kritiche-oikocrazia/
https://www.carmillaonline.com/2020/06/11/leta-del-totalitarismo-neoliberale-e-della-guerra-civile-globale-permanente/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

La missione dello Stato non e’ piu’ tanto quella di assicurare l’integrazione dei diversi livelli della vita collettiva, quanto conformare le societa’ ai vincoli della concorrenza mondiale e della finanza globale.
La gestione della popolazione cambia di significato e di metodo.
Mentre nel periodo fordista l’idea predominante era (secondo la formula consacrata) «accordo tra efficienza economica e progresso sociale» nel quadro di un capitalismo nazionale, la popolazione oggi e’ percepita soltanto come una «risorsa» per le imprese secondo un’analisi costi-benefici.
La politica, che per inerzia semantica definiamo ancora «sociale», non segue piu’ la logica della ripartizione dei guadagni di produttivita’, destinata a mantenere un livello della domanda abbastanza alto per gli sbocchi della produzione di massa. Essa, piuttosto, mira a massimizzare l’utilita’ della popolazione, accrescendone l’impiegabilita’ e la produttivita’, e assottigliandone i costi tramite politiche sociali di un nuovo genere che consistono nell’indebolire il potere di negoziazione dei sindacati, nel degradare il diritto del lavoro, nel ridurre il costo della manodopera, l’ammontare delle pensioni e la qualita’ della previdenza sociale; il tutto in nome dell’«adattamento alla globalizzazione».
Lo Stato, dunque, non abbandona il proprio ruolo in materia di gestione della popolazione, ma il suo intervento non risponde piu’ agli stessi imperativi e alle stesse spinte. Al posto dell’«economia del benessere», che concentrava gli sforzi sull’accordo tra progresso economico e distribuzione equa dei frutti della crescita, la nuova logica considera le popolazioni e gli individui dal punto di vista piu’ angusta del loro contributo e del loro costo nella competizione mondiale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Societa’/Magatti

Supersocieta’ – Chiara Giaccardi; Mauro, Magatti il Mulino (2022)

Dopo che la proletarizzazione consumeristica ha provocato una perdita di saper fare, ora la digitalizzazione, interferendo con i processi di attenzione, di apprendimento, di disidentificazione e critica, favorisce una perdita di «saper pensare».
Nella societa’ digitalizzata, il cervello e’ costantemente stimolato. Potenzialmente, una condizione favorevole.
Basta guardare i ragazzi di oggi per vedere quanto riescono a essere smart. A differenza dei piu’ senior, i nativi digitali sono multitasking, veloci, plastici.
La disponibilita’ di un accesso immediato alla memoria esterna, unito alla straordinaria capacita’ di elaborazione e trasmissione offerta dal digitale, apre opportunita’ straordinarie: mai gli esseri umani hanno avuto la possibilita’ di poter accedere immediatamente e a costo zero a tante informazioni e conoscenze.
Tuttavia, questo guadagno non e’ senza perdite.
Come imparare a trasformare questo patrimonio in sapere rimane ancora da capire. E, d’altra parte, e’ ormai evidente che gli effetti collaterali di questa ipersollecitazione si producono soprattutto sulla memoria e l’attenzione.
L’accelerazione della comunicazione rende difficile ogni sedimentazione. La memoria si sbriciola, anche perche’ il supporto digitale la rende sempre meno essenziale: il passato, la tradizione, l’esperienza non servono piu’ nel momento in cui tutto cambia velocemente, oltre a essere sempre reperibile sulla rete.
E di conseguenza viene meno il senso di essere parte di una storia, di un mondo.
La dimenticanza, lo sappiamo, porta a ripetere gli errori gia’ commessi, nell’illusione di poter ricominciare ogni volta da capo, scrivendo su una tabula rasa. Dato che tutto e’ ugualmente a portata di mano, tutto finisce anche con l’essere equivalente […]
Non c’e’ nessuna possibilita’ di procedere sensatamente nella direzione indicata dal nuovo ambiente tecnologico (digitalizzazione) e dalla nuova consapevolezza planetaria (sostenibilita’) senza una revisione profonda dei processi educativi e formativi.
Il tema del passaggio generazionale oggi sta tutto qua: a partire dal riconoscimento dell’inadeguatezza di un modo di pensare che, innovando e specializzando, aumenta le possibilita’ di vita ma insieme l’entropia, quali sono le condizioni per consegnare alle nuove generazioni la responsabilita’ di un nuovo pensiero e di una nuova forma di azione all’altezza della complessita’ in cui viviamo?

Info:
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/siamo-entrati-nella-supersociet-diventeremo-stupidi-o-pi-liberi
https://www.bioeticanews.it/il-libro-supersocieta-di-c-giaccardi-e-m-magatti/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/liberta-nella-supersocieta/
https://www.c3dem.it/supersocieta-un-libro-di-magatti-e-giaccardi/
https://www.recensionedilibri.it/2022/06/16/giaccardi-magatti-supersocieta-ha-ancora-senso-scommettere-sulla-liberta/
https://ildomaniditalia.eu/la-super-societa-e-la-scommessa-sulla-liberta-in-un-saggio-di-chiara-giaccardi-e-mauro-magatti-recensione-sullosservatore-romano/

Populismo/De Haas

Migrazioni. La verità’ oltre le ideologie. Dati alla mano – Hein de Haas – Einaudi (2024)


Accade piu’ spesso di quanto si pensi che i politici – contraddicendo i propri stessi proclami ostili all’immigrazione – cedano alle pressioni dei datori di lavoro e permettano l’ingresso di un numero maggiore di migranti, o tollerino l’impiego di migranti senza documenti.
Il fatto che l’immigrazione sia piu’ «cercata» di quanto sembri e’ evidenziato anche dal ruolo centrale che il reclutamento di lavoratori stranieri ufficialmente «indesiderati» continua a svolgere nel facilitare la migrazione e nell’attingere a nuovi bacini di manodopera […]
Questo atteggiamento, insieme all’ascesa del «lavoro flessibile», rientra nel quadro di un generale slittamento verso la liberalizzazione economica e la deregolamentazione, che lasciano piu’ spazio agli operatori privati nell’assunzione dei lavoratori, sia autoctoni sia migranti.
Oggi il reclutamento dei lavoratori stranieri e’ affidato a grandi agenzie di selezione del personale […]
Siccome la migrazione e’ una questione politicamente sensibile, questi programmi in genere non citano nemmeno la parola «migrazione». Au pair (alla pari) e trainee (tirocinante) sono noti eufemismi per indicare i lavoratori migranti. I programmi per au pair gestiti da molti governi occidentali reclutano collaboratrici domestiche e assistenti domiciliari che spesso finiscono per rimanere piu’ a lungo di quanto consentito dai visti iniziali e la cui presenza e’ ampiamente tollerata dai governi, perche’ tutti sanno che ricoprono una funzione economica e sociale ineludibile […]
I lavoratori migranti lubrificano gli ingranaggi delle economie ricche. Non sono sempre visibili, ma sono ovunque attorno a noi. Nelle famiglie delle grandi citta’ dei Paesi occidentali, le pulizie di casa e le faccende domestiche sono ormai appannaggio di lavoratori migranti legali (e talvolta illegali), soprattutto donne. Lo stesso vale per la pulizia e la manutenzione di uffici e universita’ […]
Lo stesso discorso vale per lavori essenziali ma oscuri in settori quali l’agricoltura, la trasformazione agroalimentare, la macellazione, la logistica, i trasporti, e poi in hotel, ristoranti, cantieri edili, imprese di manutenzione e ditte di giardinaggio.
A volte si tratta di lavori piu’ visibili, per esempio nelle compagnie di taxi e nel delivery, nei settori del benessere e dell’ospitalita’. Sono migranti anche tante lavoratrici del sesso.
I «lavori migranti» sono spesso fisicamente faticosi, richiedono eccellente salute fisica, resistenza e motivazione, necessarie per lavorare nelle circostanze piu’ difficili.

Info:
https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/undici-miti-sulle-migrazioni-secondo-sociologo
https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/01/migranti-il-sociologo-de-haas-i-cambiamenti-climatici-hanno-un-impatto-indiretto-per-gestire-i-flussi-bisogna-ripensare-leconomia/7712706/
https://rbv.biblioteche.it/community/forum/reviews/show/6141

https://ilbolive.unipd.it/it/news/societa/de-haas-ha-contato-22-miti-sul-fenomeno-migratorio
https://ilmanifesto.it/hein-de-haas-varcate-le-frontiere-uomini-e-donne-stipati-nei-luoghi-comuni-della-politica
https://www.lastampa.it/politica/2024/09/29/news/migranti_de_haas_politica_integrazione_accoglienza-14673169/
https://www.ilfoglio.it/politica/2024/06/24/news/ecco-22-miti-da-sfatare-sui-migranti-rifugiati-e-cambiamenti-climatici-6673916/

Lavoro/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – La- terza (2024)

Dobbiamo ora dire della proposta di affrontare la fine del lavoro con una soluzione radicale, ovvero dissociando il reddito dal lavoro e dunque istituendo un reddito di cittadinanza, o similmente un reddito di base: locuzione preferita per sottolineare la circostanza per cui spetta anche ai non cittadini se residenti regolari, o piu’ precisamente ai «membri di una comunita” nazionale territorialmente definita» […]
Matura invero negli anni Sessanta del secolo scorso il convincimento […] secondo cui la diminuzione di lavoro e dunque di risorse «in conseguenza della automazione cibernetica» e della «meccanizzazione avanzata» avrebbe assunto dimensioni eccezionali: tanto da non consentire di fronteggiarla con gli strumenti di una politica economica keynesiana, ovvero attraverso il sostegno della domanda.
Di qui la proposta, formulata dal futurologo statunitense Robert Theobald, di istituire un «reddito garantito» da concepire come attuazione del diritto di beneficiare di una quota di quanto produce la societa’ nel suo complesso:
Il reddito garantito rappresenta la possibilita’ di mandare ad effetto la fondamentale convinzione filosofica, che ricorre continuamente nella storia umana, per la quale ogni individuo ha diritto a una quota minima della produzione della sua societa’.
La perenne carenza di tutte le cose necessarie nella vita ha impedito fino ad anni recenti il realizzarsi di questo ideale: il sopravvenire di una relativa abbondanza nei Paesi ricchi da’ ora all’uomo il potere di raggiungere il fine di provvedere un livello medio di vita per tutti […]
Il reddito garantito di cui parla Theobald consiste in un trasferimento monetario «strettamente individuale» e dunque senza considerazione per il nucleo familiare e la sua composizione.
E’ inoltre «universale» nella misura in cui non viene «vincolato a una verifica della condizione economica», risultando pertanto cumulabile con altri redditi, e soprattutto non e’ sottoposto a condizioni: e’ «libero da obblighi da assolvere in cambio» e in particolare «da prestazioni lavorative o dalla dimostrazione della disponibilita’ al lavoro.
Tutte queste caratteristiche sono acquisite alla successiva riflessione sul reddito di base, acui si sono aggiunte indicazioni di ordine quantitativo.
I piu’ reputano che la misura debba essere «abbastanza contenuta da poterla presentare come sostenibile», ma nel contempo «abbastanza consistente da poter ritenere plausibile che possa fare una grande differenza».
Il tutto considerando evidentemente il contesto in cui il reddito di base viene erogato, motivo per cui si propone di quantificarlo attraverso un parametro universalmente diffuso: il suo importo dovrebbe essere pari a un quarto del prodotto interno lordo pro capite del Paese di riferimento […]

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Geoeconomia/Molinari

La nuova guerra contro le democrazie. Cosi’ le autocrazie vogliono stravolgere l’ordine internazionale – Maurizio Molinari – Rizzoli (2024)


Dalle milizie filoiraniane nel Mar Rosso ai pirati nello Stretto di Malacca, dai droni sottomarini nel Mar Nero alle dispute sugli arcipelaghi del Mar Cinese Meridionale: la liberta’ di navigazione sui mari e’ oggi a rischio come mai avvenuto dal 1945, ponendo pericoli in crescita al commercio globale.
Poiche’ oltre l’80 per cento dei beni scambiati sul pianeta si muove su nave – secondo le stime dell’Onu – quanto sta avvenendo nelle diverse aree di conflitto deve essere letto come una minaccia globale, la cui entita’ incombe su ogni singolo Paese, a prescindere dall’entità del proprio Pil.
Per comprendere questo scenario bisogna, come abbiamo gia’ visto, partire dalla geografia, in quanto sono le rotte commerciali che uniscono i continenti a subire gli impatti piu’ negativi.
Il primo tassello e’ quello del Mar Nero, dove la guerra scatenata due anni fa dalla Russia contro l’Ucraina ha messo a rischio la rotta attraverso cui si esporta la maggiore quantita’ di grano al mondo. Lo scontro navale fra Mosca e Kiev sulle acque del Mar Nero – condotto non piu’ solo con le unita’ tradizionali della Marina ma con armi avveniristiche come i droni sottomarini – non solo ha fatto diminuire l’export ma ha portato anche all’aumento vertiginoso dei costi delle assicurazioni, con il risultato di trasformare un alimento base per miliardi di persone in un bene ad alto rischio. La cui sorte e’ legata a negoziati indiretti e altalenanti fra due Stati protagonisti di un conflitto che ha gia’ causato – secondo le stime piu’ caute – almeno 500.000 morti: Russia e Ucraina.
Altrettanto pericoloso e’ quanto sta avvenendo nello Stretto di Bab el-Mandeb, all’entrata del Mar Rosso, dove le milizie filoiraniane degli Houthi yemeniti da tempo hanno iniziato a bersagliare le navi commerciali in transito […]
In effetti, oltre a Mar Nero e Mar Rosso, a essere ad alto rischio sono anche gli stretti di Taiwan e piu’ in generale il Mar Cinese Meridionale dove la flotta militare di Pechino – divenuta quella con piu’ navi in assoluto – e’ costantemente all’opera per affermare il proprio controllo su acque e arcipelaghi contesi, dalle Filippine al Vietnam, oltre alle violazioni costanti ai danni di Taipei, mirate ad attestare con la forza l’ambizione a porre fine all’indipendenza dell’isola nazionalista.

Info:
https://www.fortuneita.com/2025/04/27/maurizio-molinari-lesperienza-come-inviato-e-la-nuova-guerra-contro-le-democrazie/

Europa/Undiemi

Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Lidia Undiemi – Ponte alle Grazie (2014)


In ambito europeo, la governance economica – intesa come insieme di norme e procedure preposte al raggiungimento degli obiettivi economici dell’Unione – e’ divenuta oggetto di discussione politica in un Libro bianco prodotto dalla Commissione Europea per far fronte a quello che l’allora presidente, Romano Prodi, defini’ «un disagio democratico», dovuto allo scarso coinvolgimento dell’opinione pubblica nelle questioni comunitarie.
Il Libro fu ufficializzato nel 2001, nove anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Maastricht (1992), quattro anni dopo l’avvento del patto di stabilita’, e a due anni dall’introduzione dell’euro.
La governance economica europea e’ stata quindi costruita ben prima che dai palazzi di Bruxelles venisse emanato un documento sull’effettivo coinvolgimento democratico delle popolazioni interessate, le quali, pertanto, non sono state chiamate a dibattere e a esprimersi sui metodi e sull’opportunita’ di realizzarla.
Il fatto che Prodi abbia parlato di un «disagio» e non di un vero e proprio deficit democratico, e abbia voluto considerare questo modus operandi una soluzione alla scarsa attenzione mostrata dalla stessa governance nei confronti cittadini, risulta, francamente, un po’ inquietante. La democrazia non puo’ essere ridotta a uno stato d’animo.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

https://www.carmillaonline.com/2024/03/29/il-salario-minimo-non-vi-salvera/
https://www.lafionda.org/2023/07/05/il-salario-minimo-non-ci-salvera-anzi/

Economia di mercato/Galli

Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita – Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Mimesis (2018)

Visto l’esito rovinoso del liberalismo, la sinistra aveva il compito di lanciare la propria idea e il proprio modello.
Il primo punto sarebbe dovuto essere la produttivita’: niente decrescita e niente economia della felicita’, che appartengono alla propaganda e alla comunicazione e addirittura al mondo dei sogni, ma non alla sostanza del programma. Anche l’ambiente deve fungere da criterio per indirizzare la produzione e non per bloccarla: una volta cio’ deciso, si devono privilegiare le infrastrutture e i servizi economici di base e si devono fissare criteri vincolanti per la qualita’ dei beni e dei servizi, per evitare sostituzioni artificiose e forme di spreco.
Il secondo punto sarebbe dovuto essere costituito dalla destinazione dei redditi: i ceti bassi e medio-bassi devono essere sostenuti adeguatamente con redditi consistenti, innanzitutto per non deprimere la domanda, il che provocherebbe una fase di ristagno dell’economia […]
Ma occorre andare piu’ in profondita’ e rendersi conto che solo un’adeguata soddisfazione delle ragioni dei lavoratori puo’ portare un clima di affezione e di legame intorno all’impresa in modo da rendere questa soggetto attivo sul mercato, dotato di consistenza obiettiva e non piu’ riconducibile solo all’imprenditore e alle sue volubili convenienze […]
Infine, il terzo punto sarebbe dovuto essere costituito dall’assetto di mercato: le liberalizzazioni e la maggior concorrenza sono un fatto positivo di dinamismo e di eliminazione o comunque di riduzione di forme di assistenza e di posizioni di forza non giustificate: ma occorre tener conto dei limiti di tali misure […]
Pertanto occorre introdurre una forma rigorosa e capillare di economia di piano in grado di fornire indirizzi e di apporre limiti all’economia privata, senza sostituirsi ai singoli centri di produzione ma coordinandoli armonicamente, il che non e’ in alcun modo possibile stando all’interno della logica del capitale.
In tale ottica, la corsa verso le privatizzazioni, dai risultati spesso nefasti, puo’ esser messa in discussione e si puo’ ammettere la proprieta’ collettiva per i beni comuni e in caso di beni e servizi strategici, senza in alcun modo inficiare l’iniziativa economica.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/marchesi-libero-arricchirsi-impoverendo-galli-bochicchio.pdf
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/quotidiano-sud-arricchirsi-impoverendo-galli-bochicchio.pdf

Capitalismo/Streeck

Globalismo e democrazia – Wolfgang Streeck – Feltrinelli (2024)


Deglobalization. Ideas for a New World Economy (Bello 2002). In esso Bello colloca la critica alla globalizzazione nel quadro di un’analisi generale della crisi del capitalismo statale nel dopoguerra e della sua trasformazione neoliberale.
La sua analisi presta particolare attenzione alla governance globale e alle sue istituzioni, tra cui soprattutto la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione mondiale del commercio, organismi che egli descrive come orientati agli interessi e alle esigenze statunitensi e del grande capitale americano e che nei primi anni 2000 sono stati da più parti oggetto di critiche internazionali provenienti dal basso, soprattutto dal Sud globale.
L’ordine economico mondiale da essi amministrato e “vincolato a regole”, come viene definito, e’ secondo Bello in realta’ uno strumento utile alla subordinazione della sovranita’ nazionale e con essa della politica democratica a un insieme unitario di norme che pretendono di avere validita’ universale; norme apparentemente uguali per tutti – grandi e piccoli, ricchi e poveri, Nord e Sud –, ma che sono scritte e applicate da nazioni del Nord ricco del mondo, tra tutte gli Stati Uniti, con un ruolo dominante nelle organizzazioni internazionali.
Nata alla fine del XX secolo, la globalizzazione altro non sarebbe, secondo Bello, che un progetto a sostegno delle grandi imprese occidentali; a esse la governance globale offrirebbe un accesso remunerativo a paesi alla periferia del mondo capitalista che sperano nel proprio “sviluppo”.
Tra gli esempi che Bello menziona vi e’ il trattamento riservato dal Fondo monetario internazionale ai paesi con un debito elevato e i programmi di aggiustamento strutturale loro imposti, cui puntualmente corrisponde un’apertura di essi agli investimenti dell’Occidente a condizioni di mercato, ossia occidentali.
Nell’ultima parte del libro, Bello affronta una serie di proposte di riforma circolanti all’epoca per la modifica delle organizzazioni internazionali trainanti nel processo di globalizzazione.
Pioniere di un’ampia corrente critica antiglobalista sempre piu’ radicale, Bello giunge alla conclusione che l’unico vero obiettivo di una tale resistenza non possa che essere l’abolizione di queste organizzazioni. Nel farlo, egli prende in esame anche Rodrik. Secondo l’autore, Rodrik sosterrebbe la necessita’ di un ritorno “al modello originale di Bretton Woods ideato da Keynes […] in cui le ‘regole lasciavano spazio sufficiente

Info:
https://www.fondazionedivittorio.it/lezione-streeck-limiti-potenzialita-della-ue-egemonie-planetarie-popoli-crisi
https://www.doppiozero.com/wolfgang-streeck-neoliberalismo-e-poi

https://www.corriere.it/la-lettura/24_giugno_21/come-sonnambuli-la-guerra-la-lettura-anteprima-nell-app-1af31e72-2fe1-11ef-8a97-996e27b017a2.shtml
https://ilmanifesto.it/uneuropa-svizzera

Stato/Jappe

Le avventure della merce – Anselm Jappe – Mimesis (2023)

Lo Stato moderno e’ creato dalla logica della merce.
E’ l’altra faccia della merce; i due sono legati tra loro come due poli inseparabili. Il loro rapporto e’ cambiato molte volte lungo la storia del capitalismo, ma sarebbe un grave errore farsi trascinare dall’attuale polemica dei neo-liberali contro lo Stato (che e’ d’altra parte smentita dalle loro pratiche, quando sono al timone) a credere che il capitale abbia un’avversione particolare per lo Stato.
Tuttavia, il marxismo del movimento operaio e quasi tutta la sinistra hanno sempre puntato sullo Stato, a volte fino al delirio, prendendolo per il contrario del capitalismo.
La critica contemporanea del capitalismo neoliberale evoca di sovente un “ritorno dello Stato”, unilateralmente identificato con lo Stato-provvidenza dell’epoca keynesiana.
In realta’, e’ stato il capitalismo stesso a ricorrere massicciamente allo Stato e alla politica nella fase del suo insediamento (tra il XV e la fine del XVIII secolo) e a continuare a farlo dovunque le categorie capitaliste non fossero ancora state introdotte – i paesi in ritardo dell’est e del sud del mondo nel corso del XX secolo.
Infine, vi ricorre sempre e dappertutto nelle situazioni di difficolta’.
E’ soltanto nei periodi in cui il mercato sembra reggersi sulle proprie gambe, che il capitale vorrebbe ridurre i faux frais implicati da uno Stato forte.

Info:
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe
https://sinistrainrete.info/marxismo/25682-anselm-jappe-alcuni-punti-essenziali-della-critica-del-valore.html
https://www.sinistrainrete.info/marxismo/29578-roswitha-scholz-critica-del-valore-alla-vecchia-maniera-commenti-sul-conservatorismo-di-sinistra-di-anselm-jappe.html